(Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sez. 1^ int.) composto dai signori Magistrati:

 

- Dott. Vincenzo SALAMONE - Presidente ff. rel. est.

- Dott. Gabriella GUZZARDI - Consigliere

- Dott. Giovanni MILANA - Consigliere

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

sul ricorso n. 1584 del 2000 proposto da … (omissis) …, rapp. e dif. dall'avv. prof. Giuseppe Barone, dall'avv. Attilio Luigi Maria Toscano e dall'avv. Aldo Loiodice nel cui studio è elett. dom. in Catania piazza della Repubblica n. 31;

 

CONTRO

 

L'Università degli Studi di Messina in persona del Rettore p. t., rapp. e dif. ope legis dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria;

 

per l'annullamento

 

del Decreto del Rettore n. 82 del 7 febbraio 2000, con il quale viene rigettata l'istanza presentata dai ricorrenti in data 31.1.2000 volta a conseguire l’inquadramento nella qualifica di ricercatore;

 

e per il riconoscimento

 

del diritto dei ricorrenti all’inquadramento nel ruolo di ricercatore universitario ed alla partecipazione a tutti gli organismi collegiali ove è prevista la presenza del personale docente ricercatore e delle figure assimilabile e di ogni altro diritto spettante ai ricercatori;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione resistente;

Designato relatore per la pubblica udienza del giorno 16 gennaio 2001 il Consigliere Vincenzo Salamone;

Uditi i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

 

FATTO

 

Con il gravame introduttivo del giudizio si espone che i ricorrenti sono dottori laureati in Medicina e Chirurgia, tutti in servizio presso l'APU dell'Universita' degli studi di Messina, con la qualifica di collaboratore o di funzionario tecnico dell'area tecnico-scientifica e socio sanitaria appartenenti al personale di cui all'art. 6, comma 5 del D. L.vo n. 502 del 1992 e successive modificazioni.

In data 31.1.2000 gli stessi invitavano il Rettore dell'Università degli studi di Messina a dare applicazione alla disposizione di cui all'art. 8, comma 10, della legge 19.10.1999 n . 370 e ad adottare gli atti necessari per il loro inquadramento nel ruolo del personale docente ricercatore o delle figure assimilabili.

Con D.R. n. 82 del 7.2.2000, il Rettore dell'Universiti degli studi di Messina ha rigettato l'istanza suddetta.

All’atto impugnato si muovono le censure di violazione e falsa applicazione dell'art. 8 comma 10 della legge 19 ottobre 1999 n. 370, violazione e falsa applicazione dell'art. 12 commi 1, 2, 3, 4, 6, 7 della legge 19 novembre 1990 n. 341, violazione e falsa applicazione degli aru. 30, 31 e 32 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382; violazione dell'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341, contraddittorietà della motivazione.

L'Università degli Studi di Messina, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame. Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2001 la causa è passata in decisione.

 

DIRITTO

 

Il ricorso è fondato.

L'art. 8 della legge 19.10.1999 n. 370 - contenente disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica - dopo avere dettato una serie di norme, in gran parte di interpretazione di precedenti normative, in materia di rapporto di lavoro del direttore amministrativo e del personale docente e non docente universitario (comprese talune categorie di tecnici), ha stabilito, al comma l0, che al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12, commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990, n. 341. Il suddetto personale - aggiunge lo stesso comma - è ricompreso nelle dizioni previste dall'articolo 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990, n. 341, e successive modificazioni. Precisa, infine, la disposizione in parola che dalla sua attuazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Il personale destinatario della norma è, dunque, esclusivamente quello indicato nel richiamato art. 5 del d. l.vo n. 502, come sostituito dall'art. 7, D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, cioè il personale laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia, il quale, ove alla data del 31 ottobre 1992 si trovasse ad operare presso le stesse strutture e fosse appartenuto all'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, era autorizzato, in base alla stessa disposizione, a svolgere anche le funzioni assistenziali, risultando in tal senso modificato il contenuto delle attribuzioni dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico socio-sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria.

Va aggiunto che la stessa norma del decreto 502 sanciva il divieto per le università di assumere nei profili indicati (cioè di collaboratore e funzionario socio sanitario) i laureati in medicina e chirurgia ed in odontoiatria.

Detta disposizione appare significativa dell'intento di uno scorrimento in avanti della categoria dei tecnici in questione, le cui funzioni originarie risultavano modificate ed arricchite con l'aggiunta delle attività assistenziali; con la conseguenza che i ruoli dei tecnici, sostanzialmente svuotati sul piano funzionale, non potevano essere rincalzati con nuove assunzioni, per evidenti tini di contenimento della spesa per tale personale.

Sulla natura della riportata norma del decreto n. 502 si è, d'altronde, già espressa la giurisprudenza, rilevandone la finalità di sanatoria rispetto alla illegittima prassi amministrativa - motivata sulla base della necessità si sopperire ad eccezionali esigenze assistenziali ma in patente contrasto con il disposto dell'art. 102 DPR n. 382/1980 (che aveva esteso al personale docente universitario e ai ricercatori esplicanti attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura anche se gestiti direttamente dalle università, convenzionati ai sensi dell'art. 39, L.23 dicembre 1978, n. 833, i diritti e i doveri previsti per il personale di corrispondente qualifica del ruolo regionale ) - di attribuire al personale assunto con qualifiche diverse da quelle docenti funziom assistenziali, con la conseguente inammissibilità, in linea generale, di attribuire funzioni assistenziali ai tecnici laureati in medicina ed odontoiatria dopo la data del 31.10.1992 (Cons. St., sez VI, 24.6.1998 n. 1011].

Tale orientamento risulta successivamente confermato dallo stesso Consiglio di Stato, laddove, ai fini della erogazione ai tecnici laureati svolgenti attività assistenziali dell'indennità c.d. De Maria di cui alla legge n. 213/1971 e dell'art. 31 d. lgs. n. 761/1979, ha statuito che il carattere di sanatoria posseduto dall'art. 5 del d. lgs. n. 502/1992 comporta la modifica del profilo funzionale dei tecnici laureati in medicina "per cui è vano risalire ai profili professionali ordinari previsti dal DPCM 24 settembre 1981" (si tratta dei profili di collaboratore e funzionario tecnico-VII e VII qf.), almeno per quelli operanti con funzioni assistenziali alla data dell'ottobre 1992 (Cons. St., sez. VI, 28 gennaio 2000, n. 407).

Osserva inoltre il Collegio che l'art. 12 della legge n. 341/1990 (come in parte modificata dall'art. 1, comma 11, L. 14 gennaio 1999, n. 4), sull'ordinamento didattico universitario, richiamata nel citato art. 8 della legge n. 370/1999, ha modificato i contenuti della funzione didattica del personale docente universitario, in connessione con l'ampliamento - rispetto alla categoria unica del diploma di laurea - delle tipologie dei titoli conseguibili presso le Università ed alle nuove forme di sostegno didattico agli studenti, disponendo, in materia di "attività di docenza", che:

- (comma 1) i professori di ruolo, a integrazione di quanto previsto dagli articoli 1, 9 e 10 del DPR n. 382 del 1980 e dall'articolo 4 del DPR n. 162/1982, adempiono ai compiti didattici nei corsi di diploma universitario e nei corsi di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), e comma 2, della legge; i ricercatori, a loro volta, a integrazione di quanto previsto dagli articoli 30, 31 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 11luglio 1980, n. 382 adempiono ai compiti didattici in tuffi i corsi di studio previsti dalla nuova legge, secondo le modalità di cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 dello stesso articolo;

- (comma 2) è altresì compito istituzionale dei professori e dei ricercatori guidare il processo di formazione culturale dello studente secondo quanto previsto dal sistema di tutorato di cui all'articolo 13 della legge;

- (comma 3) ferma restando per i professori la responsabilità didattica di un corso relativo ad un insegnamento, le strutture didattiche secondo le esigenze della programmazione didattica, attribuiscono ai professori e ai ricercatori, con le modalità di cui al DPR n. 382/1980, e con il consenso dell'interessato, l'affidamento e la supplenza di ulteriori corsi o moduli che, comunque, non danno diritto ad alcuna riserva di posti nei concorsi. Il medesimo comma precisa, ancora, che la programmazione deve in ogni caso assicurare la piena utilizzazione nelle strutture didattiche dei professori e dei ricercatori e l'assolvimento degli impegni previsti dalle rispettive norme di stato giuridico.

- (comma 4) i ricercatori possono essere componenti delle commissioni di esame di profitto nei corsi di diploma universitario, di laurea e di specializzazione e relatori di tesi di laurea;

- (comma 6) gli insegnamenti nei corsi di laurea e di diploma sono di norma sdoppiati quando il numero degli esami sostenuti nell'anno precedente, moltiplicato per il rapporto tra gli iscritti nell'anno in corso e gli iscritti dell'anno precedente, supera 250; gli insegnamenti sdoppiati possono essere coperti dai professori e dai ricercatori per supplenza o per affidamento;

- (comma 7) la supplenza o l'affidamento di un corso o modulo, che rientrino nei limiti dell'impegno orario complessivo previsto per i professori e per i ricercatori dalle rispettive norme, sono conferiti a titolo gratuito, salvo che per le supplenze e gli affidamenti che superino i predetti limiti, le quali possono essere retribuiti esclusivamente con oneri a carico degli ordinari stanziamenti dello stato di previsione del Ministero dell'università.

Osserva il Collegio che si tratta di una serie di disposizioni tendenti ad ampliare le competenze dei ricercatori al fine di evitare che, anche in relazione all'aumento delle funzioni svolte dalle università, la relativa attività amministrativa rischiasse difficoltà operative.

La norma finale di cui all'art. 16, comma 1, della stessa legge n. 341/1990 specificava, a sua volta, le dizioni di ricercatore e ricercatore confermato ai fini dell'applicazione della stessa legge, ricomprendendovi anche gli assistenti del ruolo ad esaurimento e quei tecnici laureati in possesso dei requisiti, stabiliti dall'art. 50 del DPR n. 382/1980, al fine della partecipazione ai giudizi di idoneità per l'inquadramento nella fascia dei professori universitari associati (svolgimento di attività didattica per almeno tre anni entro l'anno accademico 1979-80, etc.).

Per completare il quadro normativo indirettamente richiamato dalla disposizione del citato art. 8 della legge n. 370/1999, vale ricordare il contenuto degli artt da 30 a 33 del DPR n. 382/1980, i quali disciplinano la dotazione organica del ruolo dei ricercatori, il procedimento di conferma degli stessi, nonché i loro compiti di contribuzione alla ricerca scientifica e svolgimento delle attività didattiche.

Per quanto concerne la figura del tecnico laureato, poi, vale ricordare a fini di completezza del quadro normativo, che essa era prevista, subito dopo le statuizioni relative ai ricercatori, dall'art. 35 del DPR n. 382/1980, dedicato appunto al "personale tecnico delle Università".

Secondo tale norma, i posti di tecnico laureato sono assegnati ai laboratori dotati di attrezzature scientifiche di particolare complessità per le esigenze della ricerca, della sperimentazione e delle esercitazioni degli istituti e, ove costituiti, dei dipartimenti, facendosi conseguentemente luogo alla revisione dell'allora vigente distribuzione di posti di tecnico laureato.

Per quanto concerne specificamente i compiti dei tecnici laureati, la norma specificava che essi coadiuvano i docenti per il funzionamento del laboratorio, sono direttamente responsabili delle attrezzature scientifiche e didattiche in dotazione e dirigono l'attività del personale tecnico non laureato assegnato al laboratorio.

I posti di tecnico coadiutore e di tecnico esecutivo, secondo la stessa disposizione, sono assegnati ai laboratori dotati di attrezzature scientifiche e didattiche per la ricerca, la sperimentazione e le esercitazioni degli istituti e, ove costituiti, dei Dipartimenti; inoltre, i tecnici coadiutori e i tecnici esecutivi svolgono la loro attività sotto la direzione del tecnico laureato preposto al laboratorio.

Vale ricordare ancora, a tini di completezza espositiva, le seguenti norme:

- l'art. 72, comma 3, del d. lgs. n. 29/1993, che, nel mantenere ferma la vigente disciplina tendenzialmente negativa in materia di iscrizione agli albi professionali dei dipendenti pubblici, ha disposto che "Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, può iscriversi, se in possesso dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale".

- l'art. 1 comma 6 della legge n. 662 del 23 dicembre1996, per il quale le disposizioni previste dai commi da 1 a 19 (relative alla disciplina dell'attività libero professionale intra ed extra moenia dei medici pubblici dipendenti) si applicano anche al personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11luglio 1980, n. 382, e al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Osserva il Collegio che con la legge n. 370/1999 si è completato un processo di graduale attribuzione ai tecnici laureati operanti nelle facoltà universitarie di medicina delle stesse funzioni assistenziali e didattiche attribuite ai ricercatori universitari (Cons. Stato sez. VI, 2.11.1998, n. 1480)

La difesa dell’Amministrazione muove dal presupposto che sia avvenuta soltanto una "assimilazione" o "equiparazione" tra tecnici e ricercatori ma tale processo normativo sarebbe tuttavia limitato ai soli aspetti funzionali, perché servirebbe esclusivamente ad attribuire ai tecnici il "diritto" o la "possibilità" di svolgere mansioni (didattiche ed assistenziali) che altrimenti sarebbe loro interdetto.

Tale tesi appare tuttavia troppo formalistica e potrebbe dar luogo a forti dubbi di costituzionalità.

Troppo formalistica, perché la distinzione tra aspetti funzionali ed aspetti ordinamentali dello status del dipendente non ha senso, alla luce del principio di significatività ed effettività della norma e del consolidato principio di corrispondenza tra qualifica e funzioni, più volte invocato proprio per negare riconoscimenti economici e giuridici a dipendenti che pretendevano l'estensione di discipline governanti altre categorie di dipendenti, svolgenti funzioni diverse.

Da tale incongruenza ed irragionevolezza semantica scaturiscono i dubbi di costituzionalità, sul piano della illogicità, disparità di trattamento, adeguatezza e proporzionalità dei rispettivi trattamenti La stessa Corte Costituzionale ha più volte affermato, infatti, che "il criterio funzionale è il solo idoneo a rendere omogeneo, sotto il denominatore comune delle funzioni, il trattamento economico del personale" e che "ad identità di funzioni non può che corrispondere pari trattamento economico" (C. Cost., 12 giugno 1991, n. 2771), condividendo e legittimando quelle scelte di politica legislativa tese a razionalizzare ed uniformare situazioni ordinamentali formalmente distinte ma caratterizzate da omogeneità di funzioni (C. Cost., 17 marzo 1998, n. 63; 23 dicembre 1993, n. 455).

Va rammentato, sempre con riguardo ai principi costituzionali, che proprio a proposito delle procedure concorsuali (giudizi di idoneità) di inquadramento dei medici interni universitari (i c.d m.i.u.r.a.) previste dall'art. 58 del DPR n. 382/1980 la Corte ebbe a statuire l'illegittimità di tale norma nella parte in cui escludeva i medici assunti con delibera nominativa del solo Consiglio di facoltà e non già, come prescriveva la legge, con delibera del Consiglio di amministrazione, rilevando che la discriminazione delle due categorie di medici aspiranti all'inquadramento, in quanto fondata su una distinzione formale, creava un irrazionale e ingiustificata disparità di trattamento tra categorie che avevano svolto le stesse funzioni e per le stesse esigenze funzionali dell'amministrazione (C. Cost., 22 febbraio 1985, n. 46).

Facendo applicazione dei predetti principi ed insegnamenti al caso di specie, appare irrazionale e sperequato un intervento legislativo che scarichi su una categoria compiti ed obblighi funzionali già spettanti ad altra categoria operante all'interno della medesima struttura, senza riconoscere la complessiva disciplina di status a quest'ultima riservata,

D'altra parte, le ricordate disposizioni del decreto legislativo 29 del 1993 (art. 72) e della legge n. 662/1996, che hanno applicato ai tecnici laureati le stesse disposizioni relative ai ricercatori medici universitari (iscrizione all'albo professionale e disposizioni sull'attività libero professionale) sono preordinate proprio alle esigenze funzionali dell'amministrazione di far svolgere - attraverso la concessione delle prerogative professionali e l'estensione del regime della libera professione - alla specifica categoria dei tecnici laureati in questione le stesse attività assistenziali rimesse ai ricercatori.

 Parlare, quindi, secondo le argomentazioni ostative all'inquadramento dei tecnici laureati, di loro "diritti" e "possibilità" come una sorta di opzione individuale rimessa alla scelta del dipendente appare fuor di luogo, atteso che quei "diritti" accedono piuttosto ad esigenze funzionali dell'amministrazione per le quali si è inteso equiparare tecnici e ricercatori.

Per converso, è da rilevare che effettivamente la dizione letterale della legge non sembra consentire un'immediata interpretazione favorevole ai tecnici, per le considerazioni innanzi svolte sub nn. 5, 6 e 7 a proposito delle argomentazioni poste a contrasto dell'equiparazione indifferenziata: rigidità dell'apparato amministrativo sub specie della preventiva determinazione delle piante organiche, principio concorsuale, divieto di nuove e maggiori spese, coerenza legislativa sul piano della successione temporale delle norme.

Sarebbe, tuttavia, da ribattere, al riguardo, che l'argomento relativo alla definizione delle piante organiche non appare poi cosi determinate, non solo perché l'esperienza conosce, in connessione con numerose fattispecie di sanatoria, l'istituto dell'inquadramento soprannumerario, ma anche tenuto conto che ai sensi dell'art. 51 della L. n. 449/1997 sono le singole università statali (conformemente al principi di autonomia ribadito dall'art. 17 L. n. 127/1997) che definiscono e modificano gli organici di ateneo secondo i rispettivi ordinamenti: ciò che consentirebbe a ciascuna università di provvedere sulle rideterminazioni organiche conseguenti a provvedimenti di inquadramento dei tecnici laureati secondo criteri compensativi e redistributivi che potrebbero valere, oltretutto, come una delle possibili misure tese ad assicurare l'invarianza della spesa per il personale.

Neppure va dimenticato che secondo l'insegnamento costante della giurisprudenza costituzionale e di merito, fra due possibili interpretazioni deve prevalere quella più conforme ai principi e precetti costituzionali e che fra due possibili opzioni di conformità a costituzione deve preferirsi quella fondata sul principio avente maggiore dignità con riferimento al caso concreto.

Ora, a fronte di due contrapposti principi, quello dell'imparzialità e quello concorsuale, nella specie appare prevalente il primo, considerato che il secondo, secondo lo stesso insegnamento della Corte, è suscettibile di deroghe le quante volte esigenze eccezionali e speciali individuate dal legislatore consentano meccanismi di accesso o di progressione nei pubblici uffici. Le già esposte ragioni di eccezionalità e di sanatoria della disciplina normativa dei tecnici laureati appaiono coerenti con il ricordato orientamento.

D'altra parte, anche sul piano strettamente formale non si capisce cosa abbia voluto dire il legislatore del 1999 quando ha disposto che nelle dizioni "ricercatori" o "ricercatori confermati" - nelle quali, ai sensi del richiamato art. 16 della legge n. 314/1990, già erano comprese anche quelle di "assistenti di ruolo ad esaurimento" e di "tecnici laureati in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 - è da intendere ricompresa anche la speciale categoria dei tecnici laureati contemplata dal d. lgs. 502.

Alla norma, per il ricordato principio di significatività ed utilità, non può darsi altro significato se non quello espressivo della volontà di attribuire a quest'ultima categoria la stessa qualificazione giuridica, non essendo pensabile, secondo i predetti criteri di significanza ed effettività, che tale equiparazione denominatoria fosse mirata all'attribuzione di compiti e mansioni (assistenziale e didattiche) che i tecnici già svolgevano in base alla normativa precedente (Cons Stato parere sez. 2^ 22 novembre 2000 n. 921/2000).

Il ricorso di cui in epigrafe va, conseguentemente, accolto e per l'effetto va annullato l'atto impugnato, dichiarando l'obbligo dell'Amministrazione resistente ad esaminare le istanze di inquadramento presentate dai ricorrenti in data 31.1.2000 volte a conseguire l’inquadramento nella qualifica di ricercatore sulla base di principi sopra esposti.

Sussistono, comunque, i giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (sez. 1^ interna), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di cui in epigrafe e per l'effetto annulla l'atto impugnato, e dichiara l'obbligo dell'Amministrazione resistente ad esaminare le istanze di inquadramento presentate dai ricorrenti in data 31.1.2000 volte a conseguire l’inquadramento nella qualifica di ricercatore sulla base di principi sopra esposti.

Compensa interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dell'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania, nella Camera di Consiglio del giorno 22 gennaio 2001.

 

Il Presidente ff – estensore

(f.to Vincenzo Salamone)

 

Sentenza n. 294 depositata nella Segreteria del T.A.R.S.-sez di Catania il 12 Febbraio 2001. n. 1584/2000 reg. ric.